Il ritorno di Dumbo sul grande schermo: La recensione del live action

In questi mesi che hanno preceduto l’uscita di Dumbo al cinema, noi di Magic Times vi abbiamo sempre tenuto aggiornati su tutte le novità, poster, trailer e curiosità del nuovo live action Disney diretto da Tim Burton. Ebbene, è finalmente arrivato il momento di parlare del film, uscito il 28 marzo in Italia.

Chi di voi non è ancora andato al cinema stia tranquillo: nel momento in cui la recensione entrerà nel vivo, con spoiler e anticipazioni, sarete preventivamente avvertiti e potrete fermarvi nella lettura (che continuerete dopo essere andati al cinema, vero? Anche perché aspetto il vostro feedback sul film!).

Iniziamo!

Riferimenti al classico originale – NO SPOILER

Quando si parla di remake in live action, bisogna tener conto del fatto che non tutti i registi e gli sceneggiatori seguono lo stesso modus operandi, nella scrittura e nella produzione del film; d’altronde, proporre un grande classico del cinema d’animazione in chiave moderna e con attori veri non è semplice, soprattutto perché le aspettative dello spettatore si alzano sempre di più e si tende a voler creare un progetto perfetto, che eguagli (o superi) il lungometraggio animato a cui si è ispirato.

Ci sono stati live action come “La Bella e la Bestia” e “Il Libro della Giungla” che hanno mantenuto la trama pressoché intatta, con modifiche poco significative, dialoghi identici all’originale e qualche cambiamento giusto nei versi delle canzoni; dall’altro lato c’è “Maleficent” che ha preso la trama de La Bella Addormentata nel Bosco e l’ha stravolta, capovolgendo i ruoli dei protagonisti e creando una storia completamente nuova; o ancora “Cenerentola” che ha aggiunto particolari significativi al classico originale, senza però cambiare le sorti della storia o i caratteri dei personaggi.

Io credo, senza fare spoiler, che “Dumbo” di Tim Burton appartenga a quest’ultima categoria, con le dovute precisazioni: sono settantotto gli anni che separano il classico del 1941 dal live action del 2019, ciononostante c’è stata la delicatezza, da parte di Tim Burton e degli sceneggiatori del film “moderno”, di non dimenticare il lungometraggio animato da cui tutto è cominciato; il classico di Walt Disney è nei dettagli, nei particolari non troppo velati che richiamano quel cartone animato che, senza alcuna pretesa, aveva fatto sognare e commuovere grandi e piccini, in un’epoca sconvolta dalla guerra.

Andiamo dunque a vedere come e quando il classico originale torna in questo live action, i momenti in cui spiccano le citazioni e i riferimenti al film del ’41.

• La canzoncina del treno Casimiro apre il live action, così come nel film del ’41.

• La cicogna, che nel classico porta Dumbo dalla sua mamma, accompagnando il tutto con una canzoncina, qui appare soltanto per pochi secondi e poi si riunisce allo stormo.

• Ci sono dei topolini vestiti di rosso che richiamano il piccolo Timoteo, fedele amico di Dumbo, tuttavia non vengono mai chiamati per nome.

• Quando, nel film originale, emergono le enormi orecchie di Dumbo, un’elefantessa dice “delle orecchie che solo una madre può amare”; la stessa frase viene detta nel live action da una delle acrobate del circo.

• La piuma che dà a Dumbo l’input per volare è protagonista anche qui, solo che non gli viene donata dai corvi, che sono assenti. I personaggi dei corvi, infatti, avevano creato molte controversie durante l’uscita del classico, poiché vennero interpretati come una parodia degli afroamericani, in un periodo in cui si tentava di sopprimere il crescente odio razziale.

• È stata riproposta la scena dolcissima e iconica di mamma Jumbo che, dalle sbarre della sua gabbia/prigione, culla il suo bambino con la proboscide.

• Quando Dumbo diventa uno dei clown, fanno la celebre scenetta dei pompieri, che torna nel live action del 2019.

• I rosa elefanti hanno il loro momento. Poteva mai Tim Burton, che ha fatto delle scene e dei personaggi inquietanti il suo marchio di fabbrica, lasciarsi sfuggire l’occasione di ricreare uno dei momenti più traumatizzanti del cinema d’animazione? Cambia la situazione, ma gli elefanti rosa ci sono.

E voi, avete notato qualche altro riferimento al classico originale, che magari mi è sfuggito? Fatemelo sapere!

Ma andiamo avanti a recensire, finalmente, il live action!

Un Dumbo molto “TimBurtoniano”

L’invenzione della parola “TimBurtoniano” me la passate per buona, vero? È indispensabile per capire in che modo il nostro regista abbia lasciato la sua impronta. In questo paragrafo non ci saranno spoiler.

Tim Burton è il regista degli esclusi e dei più deboli: ha dato vita all’emarginato Edward Mani di Forbice, ha riscattato la triste e insoddisfatta Alice, facendole vivere una nuova avventura in “Wonderland” e rendendola un’eroina ed ha dato voce ai bambini speciali di “Miss Peregrine”.

Alla luce di questi esempi della sua cinematografia, Dumbo è solo l’ultimo di svariati personaggi a cui Tim Burton restituisce la dignità, facendo delle loro diversità un grande punto di forza; il regista ha la straordinaria capacità di far emergere coloro che sembrano troppo deboli, troppo ingenui per questo mondo in cui vige la legge del più forte. E Dumbo non fa eccezione.

Tim Burton gli dà la giusta spinta per spalancare le sue enormi orecchie e volare verso la sua libertà, superare i suoi limiti dettati dalla paura, dall’insicurezza e dalla mancanza di una persona cara, portatagli via ingiustamente.

L’impronta del regista c’è e si vede e, nonostante il peso ingombrante degli interrogativi che vedevano Tim Burton troppo “dark”, per una storia come quella del nostro tenero elefantino (faccio un mea culpa, io ero tra questi), le aspettative sono state ampiamente superate.

Lo stile di Burton va a nozze con la Disney, che si fa prepotentemente sentire con i suoi messaggi sempre attuali e sempre preziosi: il rispetto per il prossimo, l’importanza dell’amore e dell’amicizia, la fiducia in sé stessi e l’intramontabile messaggio velato “se puoi sognarlo, puoi farlo” di papà Walt.

Credo, dunque, che Tim Burton sia rimasto fedele a sé stesso, facendo emergere la sua poetica e il suo stile a 360°, senza però snaturare la storia dell’elefantino dai grandi occhi azzurri, senza uscire – troppo – fuori dagli schemi, semplicemente mettendo in gioco le sue capacità e il gran potenziale inespresso della storia, che non era emersa del tutto con il classico Disney, a causa del poco budget e della forte crisi che l’azienda stava vivendo (ciò non significa che si debba per forza fare un paragone tra i due prodotti, che sono molto diversi, ma entrambi emozionanti e apprezzabili allo stesso modo).

La recensione – SPOILER ALERT

Entriamo nel vivo della recensione e, a caratteri cubitali, vi segnalo che ci saranno spoiler e anticipazioni sul film. Dunque, fermatevi qui se non volete sapere cosa accadrà.

In caso contrario, buona continuazione di lettura e aspetto ovviamente i vostri commenti e le vostre impressioni!

Holt Farrier, (ex) acrobata del circo Medici, torna dalla guerra e tutto quello che aveva lasciato ha subito bruschi cambiamenti: l’amata moglie non c’è più, i figli sono cresciuti e non sembrano avere la stessa predisposizione a fare spettacolo e il circo che lo ha visto protagonista è in declino.

Lui stesso è invalidato a causa della perdita di un braccio e niente è più lo stesso; il direttore del circo, che in sua assenza aveva venduto i cavalli con cui Holt faceva lo spettacolo, gli affida la cura degli elefanti, in particolare dell’elefantessa Jumbo, incinta e in procinto di partorire.

Questo è l’incipit del film: conosciamo innanzitutto i personaggi umani coprotagonisti, che però non rubano mai la scena a Dumbo, che resta comunque il centro del film.

C’era il rischio che questi nuovi personaggi potessero essere fin troppo risaltati, togliendo spazio al personaggio principale e facendo ruotare la trama intorno alle loro vite, poiché sarebbe stato semplice cadere nel tranello di voler raccontare nuove storie, mettendo da parte il vero protagonista; invece, ogni personaggio ha avuto il suo momento, senza però dimenticare mai il fulcro della storia, ovvero Dumbo e il ricongiungimento con la mamma.

Quindi trova spazio il tormento interiore di Holt, padre di famiglia vedovo che si ritrova a dover ricominciare la sua vita, conoscere daccapo i figli che non vede da cinque anni e convivere con l’assenza di un braccio; la figlia Milly si ritrova a dover fare i conti con “gli adulti”, che non credono nelle sue capacità di piccola scienziata e minimizzano i suoi esperimenti scientifici; Joe, il fratello minore, ha meno spazio, ma sarà un grande motivatore di Dumbo e mostrerà, in più momenti, un grande coraggio.

Come abbiamo visto nel primo paragrafo, i riferimenti al classico Disney originale non mancano; infatti, le scene topiche sono rimaste identiche, tra cui il famoso momento in cui Mamma Jumbo aggredisce il pubblico che deride il figlio per le grandi orecchie, con la differenza che nel film del 2019 c’è anche una vittima.

In questa scena scopriamo un particolare in più, ovvero il significato del nome “Dumbo”, cioè tonto. A causa di un piccolo incidente, che fa cadere alcune lettere del cartellone che annunciava “Baby Jumbo”, il suo nome diventa quello che tutti conosciamo e il pubblico inizia ad irriderlo al grido di “Tonto! Tonto!” (in inglese, per l’appunto, “dumb”).

Un particolare che non passa inosservato, se consideriamo che nel lungometraggio animato è l’elefantessa a dare il nome al suo bambino, ma dal momento che qui gli animali non parlano (men che meno dialogano con gli umani), è stato trovato un espediente – forse un po’ troppo forzato, che facesse capire il nome dell’elefantino, che continuerà ad essere chiamato Dumbo e non Jumbo Jr. per non suscitare in lui la nostalgia della mamma, venduta dal direttore del circo.

Come detto prima, anche qui Dumbo riesce a volare “stimolato” dalla vista di una piuma; sono i due fratellini che scoprono questa sua capacità e lo aiutano a capire quanto sia speciale, sperando in tal modo di poter creare uno spettacolo che aiuti a risollevare le sorti del circo Medici.

La storia entra nel vivo, con un plot twist tutto nuovo, che niente ha a che vedere col classico originale. Nel momento in cui il direttore del circo e parco divertimenti “Dreamland” Vandevere viene a conoscenza di questo elefantino prodigio che riesce a volare; acquista allora tutto il circo e fa di Dumbo il punto centrale del suo spettacolo, insieme all’acrobata Colette.

Ma in realtà Vandevere è solo un uomo disposto a tutto per i soldi, tanto da mettere a rischio la vita della bella acrobata e dell’elefantino stesso.

Intanto, la nostalgia di Dumbo verso la mamma si fa sempre più pesante soprattutto quando, durante uno spettacolo, sente di sfuggita il suo barrito e capisce di essere molto vicino a lei.

Qui inizia il lavoro di squadra di tutti gli acrobati del circo Medici per aiutare Dumbo a scappare e ricongiungersi alla sua mamma, rinchiusa nell’Isola dell’Incubo, all’interno del parco a tema.

L’Isola dell’Incubo è inquietante, oscura, tetra: con le sue luci soffuse e le creature spaventose, ricorda le atmosfere dei film di Tim Burton più di tutto il resto del film.

Dopo varie peripezie e grandi avventure al cardiopalma, la scena in cui Dumbo e Mamma Jumbo si ricongiungono e si coccolano, dopo così tanto tempo passati lontani, è davvero commuovente.

Insieme, verranno mandati nel loro habitat naturale con tutti gli altri elefanti, e anche qui Dumbo non dimenticherà mai come si vola e soprattutto chi lo ha aiutato a scoprire questa incredibile dote.

Quindi, oltre ad emozionare e commuovere per la tenerezza e infinita dolcezza, questo film lancia un messaggio sociopolitico significativo, che non deve passare in secondo piano: lo sfruttamento degli animali nei circhi, perché gli animali devono stare liberi nel loro habitat naturale, condurre il ciclo della vita circondati dai loro simili, non sfruttati, drogati e maltrattati solo per fare spettacolo, non è dignitoso.

Per concludere, sono convinta che in un mondo come il nostro, in cui sembra esserci una demoralizzazione generale, in cui tutto è in bianco e nero e sembriamo aver perso ogni speranza, Dumbo è uno spiraglio di luce per tutti noi.

Volate anche voi al cinema!

Questa è stata la mia umilissima recensione, dal momento che non ho le competenze per parlare a livello tecnico di montaggio/regia/fotografia, mi limito a dirvi le mie impressioni da semplice spettatrice che ama il cinema e la Disney; ho messo nero su bianco per voi le mie emozioni, che spero vi siano arrivate.

Consiglio a tutti, soprattutto ai più scettici, di dare una possibilità a questo film.

Per il resto, “de gustibus non disputandum est”, ma i valori e i messaggi importanti che Dumbo ha trasmesso sono universali e meritano di essere gridati a gran voce.

Vi mando un forte abbraccio,

 

Aurora
Sono un'ambiziosa studentessa universitaria innamorata da sempre della Disney; scrivere significa poter mettere nero su bianco i miei pensieri e le mie emozioni. Spero di riuscire a divertirvi, almeno quanto mi diverto io a curiosare e farvi leggere i miei articoli!
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